IL PROF. GIULIO PONZANELLI RICHIAMERA’ NELLA SESSIONE DEL SABATO MATTINA L’ATTENZIONE SULLA MANCANZA DELLA TUN (TABELLA UNICA NAZIONALE) PONENDO IL PROBLEMA CHE ANCORA SIA LA GIURISPRUDENZA A DETTARE LE REGOLE NEL SETTORE DEL RISARICMENTO DEI MACRODANNI.
MA ATTENDIBILI RUMORS DANNO IN ARRIVO UNA NUOVA RIPROPOSIZIONE DA PARTE DEL MIMIT AL CdS DEL TESTO DA APPROVARE.
Mauro Cappelletti , primo allievo di Piero Calamandrei, Professore alla celebre Stanford Law School, scrisse un libro nel 1984 (Giudici legislatori?), in cui, con la sua grande esperienza comparatistica, individuava la forte tendenza presente nei sistemi giudiziari più evoluti a riconoscere nelle decisioni dei giudici, destinate a diventare precedenti per i successivi casi, la capacità di costituire una migliore normazione, di quanto non lo fossero i precetti generali e astratti propri della legge.
Il ricordo del celebre studioso, dal carattere non facile, forse più amato in America che non in Italia, è quanto mai attuale in relazione alla tormentata vicenda delle Tabelle legislative, nazionali in grado, appunto, di realizzare finalmente il grande progetto, “battezzato” dalla Corte Costituzionale nel 1986, di avere un sistema uniforme e certo, ma anche giusto.
E’ da quasi venti anni, però, che l’art. 138 Codice delle Assicurazioni é inattuato. Le Tabelle sono sempre quelle elaborate dagli uffici giudiziari: nonostante un primo tentativo della Terza Sezione della Corte di Cassazione di attribuire una sorta di primazia alle Tabelle Milanesi (Cass.12408/2011), negli ultimi anni la stessa Cassazione aveva rimarcato rilevanti errori nelle stesse Tabelle (Cass. 23561/2020: necessaria, autonoma valutazione della componente morale del danno non patrimoniale; Cass. 10579 /2021 eccessivo automatismo nella valutazione del danno parentale) , con conseguente, maggiore riconoscimento di altre Tabelle Giudiziali, in primis capitoline. Di qui oggi, una situazione quasi di concorrenza tra Tabelle Milanesi e quelle Romane, in una dialettica accompagnata spesso da toni che qualche volta assumono i carattere di una aperta sfida che fa solo male allo stato di diritto in cui operano.
La giurisprudenza, notoriamente, la fa da padrone in tema di responsabilità civile, la materia forse più “pretoria” dell’intero diritto privato. Una cosa pare essere la interpretazione mutevole che possa essere assicurata dai nostri Giudici al requisito dell’ingiustizia del danno, alla figura del caso fortuito o alla nozione del difetto nella responsabilità da prodotti difettosi o alla prova liberatoria in tema di impossibilità sopravvenuta; altra questione è la misura complessiva del risarcimento del danno alla persona (e non solo nel settore della circolazione auto ma in tutto il sistema della responsabilità civile visto che nessuno contesta più il carattere generale dell’art. 138 Cod. Ass.) possa essere demandata all’interpretazione dei giudici. O se, al contrario, si tratti di una questione così importante anche nei suoi termini economici da dover richiedere un intervento legislativo. E questo era esattamente negli intenti del legislatore del 2005, ma non si è ancora tradotto in tabelle nazionali.
Quali sono, dunque, le ragioni della mancata attuazione dell’art. 138 Cod. Ass.? Sicuramente diverse nel corso degli anni.
Dal 2005 al 2017 (emanazione della legge comunitaria e revisione dell’art. 138 ) era diffusa la convinzione che anche per le macropermanenti potessero essere introdotte delle limitazioni al risarcimento quali quelle previste dall’art.139 per le micropermanenti (poi salvate da un vaglio di possibile incostituzionalità con la decisione della Corte 235/2014). E allora era stato molto forte il movimento volto a bloccare questo tipo di normazione: le limitazioni, forse, potevano essere giustificate per le micro, ma non certo per le macro, dove più importante é la violazione del diritto alla salute e meno giustificabile la riduzione del risarcimento Sufficiente ricordare le diverse prese di posizione delle associazioni impegnate in prima battuta a escludere forme più o meno criptiche di limitazione al risarcimento, pur in un sistema di assicurazione bilateralmente obbligatoria nel quale la pienezza del risarcimento comporta chiaramente un livello alto dei premi assicurativi.
Poi, ammesso il principio che anche nel settore della circolazione auto è stato riconosciuto il principio dell’effettività del risarcimento (integrale riparazione), si trattava di superare le differenze esistenti tra le singole Tabelle e di trovare un punto di equilibrio tra le stesse.
Niente di tutto questo. Da una parte, si ha evidente timore che l’intervento legislativo lasci qualitativamente da desiderare rispetto alla qualità e all’accuratezza delle Tabelle che presuppongono una raccolta incredibile di dati; dall’altra, la convinzione che solo i giudici, pur nella diversità di elaborazione, siano nella posizione migliore per assicurare il rispetto del principio dell’integrale riparazione del danno che pur non ha garanzia costituzionale. Costi quel che costi in termini di incertezza del diritto, di livello dei premi assicurativi, di probabili violazioni del principio di uguaglianza etc.. E così è miseramente fallito anche il tentativo di attuare le Tabelle nazionali attuato all’inizio di quest’anno.
Dopo quaranta anni l’immagine di Cappelletti di Giudici legislatori ben sembra addirsi alla tormenta vicenda delle Tabelle, anche se il risultato deriva principalmente dall’inerzia del legislatore. E’, cioè, un ripiego per colmare un vuoto di tutela o, ancor meglio, il rischio di risposte empiriche tra loro troppo diverse (art. 3 Cost.) alla stessa domanda di giustizia.