Si è tenuto nei giorni scorsi a Parma il XXIV Congresso Nazionale della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica, ovvero i professionisti che si occupano di macrolesioni da varia etiopatogenesi patologica compresi traumi cerebrali e midollari.
Un’amicizia ultradecennale mi lega al presidente della SIRM, Antonio De Tanti, direttore del Centro Cardinal Ferrari di Fontanellato.
Antonio ha avuto la sensibilità di organizzare all’interno del congresso, partecipato da oltre 600 professionisti, una tavola rotonda dal titolo “Risarcimento del macrodanno: tra aspetti giuridici, medico legali e sociali”.
Abbiamo dato il nostro contributo con lo stile multidisciplinare che ci caratterizza, ma in realtà sono molto di più gli stimoli di riflessione che abbiamo ricevuto in un contesto particolarmente stimolante.
L’art.3 dello statuto della SIRN ci dice che, come noi, è una società multidisciplinare e riunisce diverse professionalità purché appartengano alla specifica categoria degli operatori professionali nel settore della Neuroriabilitazione. Aggiungiamo che lo slogan del congresso era un “…approccio olistico, collaborativo, multisettoriale e transdisciplinare finalizzato all’integrazione della persona con disabilità in un contesto bio-psico-sociale…”
Qui arriviamo al cuore del problema. Il medico legale, salvo che non abbia avuto consolidate esperienze cliniche, non di rado, alla visita considera il periziando una sorta di macchina guasta cui deve valutare il danno della perduta funzionalità. Per il clinico l’incontro è dialogo e comprensione tra due persone.
Oggi tutte le professioni sono condizionate da tempistiche, linee guida ossessive, eccesso di richiesta di prestazioni. Per contro, il colloquio tra medico e malato o più in generale con la persona sofferente, dalla notte dei tempi, è solo l’inizio del processo terapeutico.
La medicina è scienza, arte, filosofia e tale deve restare per non ridurre il rapporto medico/paziente a un semplice intervento tecnico perdendo di vista i fondamentali etici, essenza di questo incontro.
I professionisti con i quali ci siamo confrontati hanno una sensibilità votata all’ascolto delle esigenze e sofferenze del prossimo, non solo del paziente ma anche dei familiari; sono attenti, in primo luogo, alla dignità del paziente ed hanno una visuale diversa dalla nostra.
La medicina legale di oggi è caratterizzata da un numero infinito di clic al giorno, esame di certificati a “fini assicurativi”, ovvero non di rado privi del rispetto elementare dei principi clinici, poco dialogo con il periziando ed il suo compito si conclude nella maggior parte dei casi con dare un numero percentuale.
Per la medicina legale è il momento inderogabile per una svolta: dare il numero non basta più! Bisogna essere all’altezza dei colleghi clinici, riqualificare almeno le conoscenze cliniche di base, ma soprattutto recuperare le specificità dottrinarie e metodologiche della nostra professione.



